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Manuale di Digital Journalism per la Scuola e il mondo dell’Istruzione.
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Media maker. Professionisti che integrano i brand in contesti editoriali. Antologia transdisciplinare di saperi utili
Questo libro, evoluzione delle dispense del corso di formazione “Media Maker”, mette a fuoco il profilo professionale di chi, per conto delle media company, propone contenuti editoriali come occasioni per la comunicazione commerciale e per le attività di marketing. I media maker non lavorano più solo nelle concessionarie, si stanno diffondendo, perché la crescita e lo sviluppo di canali TV, web, radio, social, moltiplica la ricerca delle risorse economiche necessarie. Il libro comprende capitoli dedicati a comunicazione, semiotica, tecnologia, economia, statistica, storia, diritto ed etica, dove l’autrice inserisce conoscenze, ricavate dalle sue esperienze professionali, alcune più tecniche e altre più generali. Il risultato è una visione allargata del sistema professionale, resa possibile da un approccio transdisciplinare che consente di focalizzare quanto il lavoro dei media maker abbia impatti su diversi ambiti strategici della società: i media, la crescita economica, e, nello scenario attuale, anche il raggiungimento degli obiettivi ONU 2030. Prefazione di Antonella Di Lazzaro.
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Confessioni di un pubblicitario
Il teorico dell’advertising. Questo libro spiega con argomenti solidi e tuttora attuali perché David Ogilvy ha dato un contributo decisivo alla costruzione della moderna teoria della pubblicità: non è certo un caso che, dalla sua prima uscita nel 1963, sia stato tradotto in quattordici lingue e che abbia venduto oltre un milione di copie. Uno dei segreti di questa longevità è senza dubbio il fatto che Ogilvy ha sempre anteposto i contenuti e la teoria della comunicazione al business fine a se stesso. “Confessioni di un pubblicitario è un testo”, come tutti i “classici”, di grande attualità. Gli stessi problemi della comunicazione cui Ogilvy ha dato risposta si ripropongono oggi a un livello più alto. Oggi il compito della pubblicità è più serio e impegnativo di quanto non lo sia mai stato. Viviamo nell’era della proliferazione dei media e più che mai l’insegnamento di Ogilvy rimane valido: si tratta ancora di dare a ogni messaggio un autentico valore, di costruire una personalità di marca con un’identità precisa, mantenendola nel tempo e comunicando in modo davvero interessante la promessa vera di un prodotto o di un servizio. Per dirla con le parole di Ogilvy: “Unless your advertising contains a big idea, it will pass like a ship in thè night”. Prefazioni di Giuseppe Mastromatteo e Roberta La Selva.
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Mito e brand. Tra Est e Ovest
“La forza del mito consiste nel fatto che si trova in ogni parte del mondo, che si afferma a prescindere dal contesto e soprattutto deriva da un racconto spesso anonimo che viene recepito dalla collettività.” In origine il brand serviva a identificare o per differenziare, oggi assume la forma di una macchina narrativa per costruire e diffondere significati. In questa logica il mito appare come uno strumento prezioso, un sistema dinamico di simboli, archetipi e schemi che tende a comporsi in una narrazione. Il racconto mitico è un’entità flessibile in quanto scomponibile: ha personaggi, ambientazioni, oggetti simbolici, è composto da differenti unità semantiche. Il mito consente al brand di sviluppare un linguaggio basato sull’immaginario per costruire un universo che produca al suo interno la propria verità. Insomma sembra che miti e brand tendano a convergere almeno sotto il profilo della comunicazione: entrambi propongono storie che diventano fattori di identità per i consumatori. I concetti “verità” e “mito”, normalmente considerati come antitetici e inconciliabili, costituiscono un binomio affermato nella comunicazione. II rapporto mito/brand si fonda sul patrimonio di colori, immagini, forme, numeri e parole presenti nell’inconscio dei consumatori. Quando si sviluppa un brand occorre tener presenti simboli e archetipi che hanno attraversato in modo subliminale le generazioni. Il mito è importante per il brand perché propone un codice di riconoscimento che consente al consumatore di comprendere l’essenza del marchio. Le storie che il libro racconta mettono in luce un tratto comune: la sinergia brand/mito può determinare rilevanti e duraturi successi nei mercati. Non solo: può funzionare come fattore dinamico permettendo a piccole aziende di entrare in mercati di massa dominate da grandi player.
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Quel tesoro del tuo cervello Volume 2: Esercizi e strategie per portare alla luce il potere del tuo cervello per una forma mentale sempre elastica e creativa. (Saggistica e varia Vol. 1)
Questo libro si svolge come un percorso, un viaggio avventuroso o misterioso, con Te e dentro di Te. (Tu hai già tutto, il tuo Tesoro, basta ritrovarlo). Attraverso le abilità di base quali: la capacità di ascolto e di osservazione coi vari sensi; l’accettazione dei propri limiti e sfida verso nuovi livelli; l’attenzione ai segni e ai dati obiettivi per capire che sei sulla strada giusta. È quindi possibile riconquistare una mente giovane ed elastica (attiva e creativa) per le persone over 40, che sono ancora nel mondo del lavoro e che ogni giorno desiderano avere, o addirittura migliorare, la chiarezza e la lucidità mentale di un tempo per dare sempre il proprio massimo contributo, grazie alla conoscenza dei meccanismi e delle potenzialità della loro mente, agli esercizi pratici e alla misurazione consapevole dei propri progressi.
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Branding D.O. Progettare la marca. Una visione design oriented. Nuova ediz.
Branding: una visione Design Oriented.
Cos’è la brand? Quali sono le modellizzazioni che l’hanno definita? Che differenza
c’è tra i modelli di stato e quelli di gestione? Com’è cambiata la visione di Séguéla rispetto a quella di Semprini? E quella di Sicard rispetto a quella di Floch? E perché il design
è strategico per la brand? Un marchio ombrello ripara dalla pioggia? E un single brand, esce sempre da solo? È certo che le agenzie di pubblicità sappiano davvero cosa sia la brand?
O, forse, poiché le agenzie di pubblicità non sanno più cosa fare, continuano a far credere di saperlo? Quando è nato il concetto di brand? Raymond Loewy che ha disegnato
la bottiglia della Coca-Cola ha qualche cosa a che fare con tutto questo? E Paul Rand, padre dell’identità di Ibm era un designer messo lì per caso? E poi Steve Jobs con l’idea
di Apple ha pensato semplicemente ad un tool o, invece, ha individuato un mondo tutto nuovo? E ancora Walt Disney ha disegnato un topolino o ha scoperto una brand tutta
da sognare?Questo libro cerca di trovare risposte a queste domande. E si pone l’intento di farlo, giustificando razionalmente e scientificamente, le argomentazioni che stanno
alla base delle risposte.La prima parte del volume è dedicata al modello di branding e descrive approfonditamente gli aspetti che lo compongono. La seconda parte del libro tratta di come il modello
del branding si ricolleghi ad un modo di pensare la brand, affermatosi con l’insorgere
di particolari condizioni socioculturali e con l’incontro tra determinate culturee formae mentis. La terza parte, completa il percorso offrendo al lettore alcune schede di protagonisti che nel mondo del design e dell’impresa hanno segnato con progetti
e idee il mondo contemporaneo, e in particolare il mondo della brand. Un glossario dedicato completa il volume, come supporto al lettore, e come utile strumento di lavoro per chi opera come designer, professionista, product manager o imprenditore;e più in generale nel mondo della brand.
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Brand 111. Centoundici domande e risposte per sapere di più sulla brand e sul suo futuro. Nuova ediz.
Dappertutto è Brand, la prima bibita che pensiamo è una Brand, una cioccolata spalmabile o un detersivo più bianco del bianco sono una Brand, lo sono la star di Hollywood e il dottore claudicante della fiction, la città di New York e Capri, Apple e IBM, Ernesto Che Guevara e Mao Tse-tung, Padre Pio e la Chiesa, Topolino e Superman, Emergency e la Nato, il Louvre e gli Uffizi, l’Italia e la Nuova Zelanda. Sembra che esista un nuovo paradigma del contemporaneo, una sorta di punto di vista per cui tutto appare riconducibile a un unico concetto interpretativo: la Brand. La domanda è: cos’è una Brand? Nel libro il lettore – studente o ex studente, designer o professionista della comunicazione – troverà un tentativo di risposta articolato su 111 domande nate ciascuna come conseguenza di quella che la precede, spunti di discussione intorno a un tema che tocca concretamente molti aspetti dei discorsi sociologici ed economici, incidendo nel contemporaneo e coinvolgendo innovazione, creatività e arte, passando attraverso la globalizzazione e la rete. Più livelli di indagine, con idee e citazioni, e risposte accompagnate da commenti illustrati. Ne risulta un racconto costruito da chi ha imparato cos’è la Brand interrogandosi e facendola, passando sempre attraverso una pratica verificata con la teoria, cercando le risposte anche in strada, tra la gente, potremmo dire sul terreno di battaglia in cui le marche si rivelano e si affermano o soccombono. Un’indagine i cui confini si insinuano tra la politica, il territorio, il mercato, l’antropologia, il design, la semiotica, l’architettura, l’arte, la persona, la parola e l’immagine. Una storia in progress, sempre più di interesse globale, dentro la quale chiunque può sentirsi autorizzato a intervenire. Dalla prefazione di Alessandro Ubertis.
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